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20jul20
Mario Paciolla: giustizia per un poeta
Non erano trascorse 24 ore dalla consegna dell'ultimo rapporto (dossier) della Missione di Verificazione delle Nazioni Unite in Colombia, quando una delle tue colleghe ti ha trovato morto, il mio amico poeta e giornalista, presso la tua abitazione a San Vicente del Caguan. Quel dossier doveva raccogliere le tue scoperte come volontario di quella organizzazione nella regione del Caquetà, però, così come è successo con la tua morte, le Nazioni Unite hanno mantenuto il silenzio.
Ed è proprio quel silenzio, indegno per te e per la nostra realtà, che mi obbliga a scrivere, cercando di rompere con parole il nodo che ho in gola fin da quando ho saputo che una corda ti ha soffocato fino a lasciarti senza vita all'alba del 15 luglio.
L'ipotesi del suicidio rimane inverosimile per noi che abbiamo conosciuto la tua vitalità, il tuo sorriso ed anche le tue critiche alla Missione delle Nazioni Unite, quando una volta un collega si era ammalato di dengue e il tempo trascorreva senza che fosse trasportato in un'altra città per ricevere attenzione medica adeguata. Ti domandavi cosa ti sarebbe successo se ti avesse morso un serpente, se ti ammalavi seriamente a San Vicente. Avevi già deciso a chi chiedere aiuto nel caso ti fosse successo qualcosa di simile: non sarebbe stato nessuno dell'ONU dato che eri preoccupato che la burocrazia pachidermica ti lasciasse ancor di più esposto che una malattia o un incidente.
Questo amor proprio si contraddice con l'idea che tu sia stato capace di toglierti la vita in un luogo così lontano dai tuoi amici, dalla tua famiglia ed interessi (amores) e dalla tua Napoli che portavi nel cuore, per la quale saresti partito il 20 luglio per ripulirti nelle acque del mar Tirreno da tutto quello sporco che ti aveva rattristato (inscurito) nelle ultime settimane.
Settimane addietro avevi tolto il luchetto che chiudeva il cancello di accesso al sottotetto del piccolo edificio dove vivevi, come prevenzione se "qualcuno" ti veniva a cercare. E' lì che ti hanno trovato? Non lo saprò, almeno per ora, dato che non ti ho mai visitato né a San Vicente né a Napoli come invece eravamo d'accordo.
"Vedi Napoli e poi muori!". Mi ripetevi sempre quella frase malinconica per rimembrami quella promessa che facemmo nel 2018, quando lasciasti le Brigate Internazionali di Pace ed io viaggiai in Olanda per prendere un pò di respiro prima di ricevere una valanga di minacce per quello che faccio: al tuo rientro in Italia ti avrei visitato.
Anche se il tuo contratto nella Missione dell'ONU scadeva il 20 agosto, qualcosa è accaduto il 10 luglio. Quel giorno hai avuto una forte discussione coi tuoi capi, come poi hai raccontato ad Anna Motta, tua madre, mentre le annunciavi che avevi anticipato il tuo viaggio. Ti sentivi schifato.
Negli ultimi giorni avevi insistito tanto sul fatto che per te non era sicuro nè rimanere in Colombia nè nella Missione. Per tal motivo hai aperto quel luchetto ed hai iniziato a preparare la tua partenza. Mercoledì 15 luglio avresti viaggiato a Bogotà per rientrare poi in Italia. Avresti fatto tutte le pratiche per viaggiare su un volo umanitario il 20 luglio, il che sarebbe stato più facile per un funzionario internazionale.
Il tuo Whatsapp si è connesso l'ultima volta il 14 luglio alle 22.45. Ciò che è accaduto da allora fino a quando il tuo corpo è stato trovato da un'altra ex brigadista e volontaria della Missione ONU la mattina seguente è un enigma. L'ho chiamata appena ho appreso la notizia, il 16, per porgerle le mie condoglianze anche se pure io ero affogata dal pianto. "Mario ti apprezzava molto, parlava sempre di te. Sapevo che eravate in contatto", mi ha detto, ed io le ho chiesto di prendere dal tuo PC i poemi che avevi scritto e che volevi pubblicare in Italia.
La terza settimana di giugno, durante una riunione informale a Florencia - capoluogo del Caquetà, dove opera l'Ufficio Regionale della Missione ONU che ha controllo anche sull'ufficio del Caguan, una collega ti ha accusato di essere una spia.
Lo hai raccontato ridendo, perchè ti facevano ridere le assurdità. Oggi, senza il tuo sorriso spento da una violenta ed improvvisa scomparsa, mi chiedo se quella è stata una prima avvisaglia del pericolo in cui ti trovavi. Cos'è successo quel giorno, chi ti ha tacciato così gravemente, quali prevenzioni ha preso Sergio Pirabal, capo dell'Ufficio Regionale, ex collega mio nella Commissione per la Verità in Guatemala?
Sempre sorridendo avevi commentato un nuovo punto da aggiungere al tuo CV che era quello di aver manifestato il tuo disappunto per il modo, per te discriminatorio, col quale la Missione ONU stava gestendo la pandemia. Se ad alcuni funzionari si autorizzavano viaggi e possibilità di telelavoro, ai volontari la norma è stata quella della solitudine e isolamento.
Tu eri di quelli che ridevano mentre raccontavi cose serie, come quando mi hai confessato che collaboravi ad una rivista italiana con un nickname. Questi giorni, cercando tracce, ho trovato i tuoi articoli, anche se l'ultimo di questi è del giugno 2018. E' chiaro che non hai mai violato i principi della Missione: da quando hai iniziato hai smesso di scrivere.
No. Non credo alla tesi del suicidio per solitudine e depressione che vari dei tuoi amici fanno propria per acquietare il proprio dolore. Non credo nemmeno che un'autopsia impieghi 10 o 20 giorni. Forse gli esami tossicologici, ma quello forense dovrebbe già avere un risultato e questo bisognerebbe che fosse reso pubblico dall'Istituto Nazionale di Medicina Legale.
Conosco i tuoi contrasti interni con un'organizzazione che nel dossier del 2019 ha menzionato con un solo paragrafo di appena sei righe il bombardamento militare nel quale sono morti 18 minori arruolati dai dissidenti delle FARC ed alcuni di questi sono stati giustiziati con colpi di grazia poichè sopravvissuti al bombardamento seppur fortemente feriti, avvenimento che causò l'uscita di scena dell'allora ministro della Difesa Guillermo Botero.
So che hai documentato più casi di questo tipo, così come lo sfollamento forzato delle famiglie dei minori uccisi e gli omicidi di altri ancora. So che ti davano fastidio la leggerezza del tono dei dossiers dell'ONU, la complessa relazione di alcuni membri della Missione con la Forza Pubblica, la contrattazione di civili che venivano dai ranghi militari, la passività di quell'organizzazione rispetto ai bombardamenti contro civili nel sud della regione del Meta (confinante col Caquetà) e l'aumento di omicidi selettivi di ex combattenti delle FARC.
Erano mesi che aspettavi l'attivazione della terza Allerta Precoce della Difesa del Popolazione [1]per San Vicente del Caguan. Questa settimana, Mateo Gomez Vasquez, coordinatore del Sistema di Allerta Precoce, mi ha confermato che tra circa un mese uscirà la Allerta e farà enfasi sull'aumento dei dissidenti FARC al comando di Gentil Duarte e le nuove dinamiche del conflitto in quella regione del paese.
Questa volta però la Allerta arriverà tardi. Secondo l'ultima conversazione che hai avuto con tua madre, il 10 luglio ti sei "messo nei guai" coi tuoi capi, non ho dubbi nell'affermare che è stata la scintilla che ha scatenato il tuo simulato suicidio.
Da una settimana il tuo nome gira nella mia testa insieme alle esclamazioni "indagini esaustive", "immunità diplomatica" e "strane circostanze".
Sento un profondo dolore nel mio cuore, Mario Paciolla. Come brigadista tu hai salvato la mia vita. Oggi c'è solo un modo di restituirti il favore: ottenere verità rispetto alla tua morte.
Nota [1]: L' Allerta Precoce è un Sistema della Difesa della Popolazione. E' un ente statale incaricato di monitorare e proteggere la popolazione che si trova esposta a violazioni ripetute e continue dei propri diritti fondamentali a causa del conflitto armato.
[Fonte: Di Claudia Julieta Duque, Equipo Nizkor, Bogota, 20jul20]
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